Giovanni A. Cignoni
Il CANE non fu l’unico calcolatore didattico “non esistente”. L’idea di macchine esempio, pensate apposta per spiegare, era, ovviamente, già stata percorsa. Erano macchine studiate per presentare agli studenti i concetti base dell’architettura dei calcolatori e della programmazione in linguaggio macchina. Ripulite dalle complicazioni che affliggono i calcolatori reali, erano macchine ideali, sia nel senso platonico di modelli rappresentativi, sia per le esigenze pragmatiche della didattica.
L’idea di far rivivere il CANE, oltre alla ricerca storica (e al divertimento della ricostruzione), è motivata anche dalla convinzione che i calcolatori didattici siano tuttora utili a comprendere l’informatica, a maturare la comprensione del “come funziona davvero”. Forse, oggi più di prima, avendo i sistemi reali raggiunto livelli di complessità, letteralmente, sovraumani. Dietro al CANE web c’è l’augurio che possa ancora servire a spiegare come funzionano i calcolatori.
Il CANE fu realizzato come tesi di laurea [18, 20] nel 1969/70, in pratica contemporaneamente all’attivazione del corso di laurea in Scienze dell’Informazione [14], e fu poi usato nelle lezioni di TAMC negli anni successivi. Al tempo c’erano almeno altri due esempi di calcolatori didattici: il Little Man Computer [42] proposto nel 1965 da Stuart Madnick e John Donovan e usato nei corsi al Massachusetts Institute of Technology, e il MIX di Donald Knuth, pubblicato nel 1968 nel primo volume [11] del suo monumentale “The Art of Computer Programming”.
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Quando, Madnick e Donovan proposero il Little Man Computer, il nome non
fu scelto a caso. Nell’intento didattico di spiegare il funzionamento
interno di una macchina a programma memorizzato, fecero ricorso a un omino che
si occupava di prelevare dalla memoria le istruzioni, fare le operazioni
logiche e aritmetiche necessarie per eseguirle, aggiornare gli stati
dei registri e della memoria per poi ricominciare il suo ciclo di lavoro. Ma anche il CANE aveva i suoi omini! La dispensa di Grasselli del 1972 [23] era illustrata da Alberto Fremura, noto pittore e vignettista labronico. Le pagine introduttive descrivevano le operazioni interne di un calcolatore come svolte da impiegati, fattorini e meccanici. Di Fremura è anche il leone che, sulla copertina della stessa dispensa, rappresentava il più prestante IBM 7090 del CNUCE intento a eseguire il programma simulatore del CANE. Non ci sono omini invece nel MIX di Knuth. Ma, a dimostrazione del divertimento genuinamente hacker con cui gli informatici affrontano la propria disciplina, anche il MIX cela parecchie curiosità. Per essere un buon esempio didattico il calcolatore didattico di Knuth
doveva ben rappresentare le macchine reali dell’epoca. Knuth
compilò perciò la lista delle macchine alle quali il MIX si ispirava e sulle
quali il MIX poteva anche essere facilmente simulato. Tutte le macchine della lista di Knuth avevano un numero nel nome, per forza: un calcolatore che si rispetti deve avere delle cifre nella sigla che lo identifica - dopo tutto erano macchine digitali, cioè “a cifre”. Anche il MIX doveva averlo, ma che numero dargli? Knuth fece la media di tutti i numeri nella lista: 1009, in numeri romani MIX! Si sospetta che la lista sia stata costruita ad arte, ma come Tom Mix, famoso attore western dei tempi del muto, di fronte al grande Knuth non possiamo che arrenderci. |